- Anna da Re
Anime, colpe e treni persi
Anime. Questo il titolo che Carlo Albarello mi ha mandato qualche tempo fa. Di Roy Chen, Giuntina, collana Israeliana.
Autore di cui non avevo mai sentito parlare, ma c'era qualcosa in quel titolo, che mi attraeva. E anche nella copertina, perché Carlo mi ha mandato un pdf ma io sono subito andata a vedermi la copertina su internet. E c'è un qualcosa di giocoso e di antico, di smaliziato e di artistico, nell'immagine della copertina.

Poi ho letto anche qualcosa sull'autore. Ma non troppo. Preferisco leggere un libro in maniera innocente, come ho fatto per anni pescando tra librerie e biblioteche quello che mi ispirava. Ha sempre funzionato, a volte oltre all'innocenza c'era anche dell'ignoranza, ma l'ignoranza vera e autentica ci guida verso la conoscenza.
La storia
Anime è un libro strano. Il suo protagonista vive quattrocento anni, reincarnandosi insieme alla sorella ogni cento anni, puntualmente, e con la sorella reincontrandosi, seppure sotto mentite spoglie. Ad ogni reincarnazione (che la religione ebraica non riconosce) spera di avere espiato la colpa originaria, una pietra lanciata per errore nel caos della festa di Purim, un uomo morto per di più non ebreo, una tragedia che non trova soluzione.
Reincarnazione
Anime sono anche i lettori, immaginati e reali, apostrofati in quel modo, forse reincarnati anche loro, chissà.
Ci abbiamo pensato tutti, almeno una volta, alla reincarnazione. Chiedendoci se rinasceremo come mosche o elefanti, o se in una vita precedente siamo stati così cattivi che ora espiamo i mali commessi allora e di cui oggi non sappiamo nulla.
Perché chissà perché, nel concetto vulgaris di reincarnazione ma anche in quello religioso e colto di Roy Chen, la reincarnazione si porta sempre dietro una colpa. Una colpa che non è bastata una vita ad espiare, ma che forse nemmeno cento vite potranno lavare via.
Non ci si porta mai dietro un merito, un dono, un elogio.
Però non temete, non mi voglio addentrare in analisi religiose o psicologiche, non è il mio.
Trovo che nel romanzo Anime la reincarnazione sia un bell'scamotage per passeggiare tra i secoli, per costruire sottolinguaggi e conversazioni divertenti, per fare del teatro (da cui l'autore proviene, peraltro) accomodati tra le pagine.
E questo è stato per me il grande fascino del libro. Insieme a un certo divertimento, per il modo scanzonato di interloquire con il lettore, che viene tirato in ballo, oltre che dalla voce narrante Grisha con l'epiteto Anime, anche dalla madre russa della voce narrante, Marina, che si rivolge al lettore prima invitandolo a chiudere il libro e dimenticarlo, e poi istigandolo a continuare a leggerlo, come se la lettura fosse la sola salvezza di chi scrive, e chi scrive un'anima in cerca di salvezza.
Autore-lettore
A me come lettrice, il fatto che l'autore mi si rivolga in maniera diretta piace molto. Il patto autore-lettore, il più delle volte silenzioso e implicito, diventa in questi casi una parte della trama, del racconto. Sono diventata un'anima (ma in fondo lo sono sempre stata) e ti seguirò, caro Roy, nella Venezia del cinquecento e nella Giaffa contemporanea. Mi chiami in causa e sono presente, presto testimonianza alla tua verità, non ne conosco altre e in fondo la tua mi basta.
Intanto il treno che avrei dovuto prendere parte, e io non me ne accorgo. Questo è il potere della lettura, e della letteratura. E di treni per fortuna ce n'è sempre un altro.