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  • Anna da Re

L'elbano errante, di Pino Cacucci

Un libro di 900 e passa pagine spaventa alcuni lettori.


Io ho invece sempre amato i libri lunghi, che non mi abbandonano quando finalmente sono diventata amica dei protagonisti e mi sono lasciata andare al flusso del racconto.

L'elbano errante, di Pino Cacucci, è appunto un lungo romanzo di avventura. Che scritto così, lungo sembra avere tutte le connotazioni negative di quello che non finisce mai.

Invece ad essere lungo, nel romanzo di Cacucci, è il respiro.

Come in un esercizio di yoga in cui si inspira a pieni polmoni sapendo che poi si espirerà con altrettanta generosità.





L'elbano errante è Lucero, un ragazzino che, in una notte di luna mentre si sta preparando a uscire in barca a pescare calamari con la sorella, assiste allo sbarco dei turchi che mettono l'isola a ferro e fuoco. La sorella viene rapita, la casa di Lucero viene incendiata e nel fuoco muore la madre. È uno dei tanti attacchi con cui i turchi stanno devastando il Mediterraneo. E sì, siamo nel Cinquecento. Secolo che è passato alla storia per la cultura, la bellezza, la musica. Secolo che ci è sempre piaciuto immaginare come perfetto, l'umanesimo, le corti, i mecenati, le città che fioriscono con il commercio, gli scambi, i viaggi. Il secolo della scoperta dell'America.


Ecco Cacucci in questo romanzo ci porta in giro per il Cinquecento. Prevalgono gli sbudellamenti, le piccole e grandi guerre, gli assalti per mare, le torture, i soprusi, gli stupri. Le due religioni che si affrontano, l'Islam e il Cristianesimo, fanno a gara di crudeltà assai più che di fede, e mentre i Turchi razziano le coste del Mediterraneo senza risparmiare neppure i morti, i Cristiani sterminano i nativi americani e torturano gli eretici (o quelli a cui hanno messo questa etichetta).


Ci porta in giro con Lucero, divenuto soldato di ventura e spadaccino imbattibile, dedito soltanto alla vendetta contro i Turchi. E ci porta nel cuore dell'impero ottomano con Angiolina, la sorella rapita di Lucero diventata la preferita del pascià di Algeri.


È interessante la statura morale che i due fratelli riescono a conservare nelle traversie della vita, adattandosi alle circostanze e talora volgendole a proprio favore, sopravvivendo a prove insopportabili, mai dimentichi di da dove vengono e cosa sono al mondo per fare.

In modo tale che quello che è un appassionante racconto di avventure e viaggi e incontri diventa anche un racconto morale: perché solo conservando la nostra integrità interiore possiamo vivere una vita degna, indipendentemente da quello che ci riserva il destino. Certo Lucero è consapevole di avere ammazzato centinaia di turchi, e anche Angiolina ha fatto la sua parte, per proteggere se stessa e la vita del figlio (che sì, è figlio del pascià e quindi di uno stupro, ma è soprattutto figlio, e molto amato); ma è proprio questa consapevolezza che li rende diversi. Non gli risparmia nessuna sofferenza, ma le dà un significato e una profondità fondamentali.



Penso che siano questi elementi che fanno la lettura de L'elbano errante un'esperienza da ricordare. Da un lato, commentavamo recentemente con un'amica, c'è lo scoramento nel vedere che sono passati più di 500 anni e siamo ancora qui ad ammazzarci, con una violenza che usa strumenti diversi ma è esattamente uguale. Dall'altro, c'è qualcosa nell'essere umano, in qualunque tempo e in qualunque luogo, che lo rende unico. La coscienza di sé e del mondo circostante, la capacità di pensare e di riflettere, e anche lo slancio, la pietas verso i suoi simili.


Ci sono momenti commoventi, nel romanzo. Momenti di vicinanza, di amicizia vera e profonda. Ci sono figure meravigliose per la loro sensibilità e fermezza, per la loro leggerezza o la loro dolcezza. Che posto straordinario è il mondo. Cacucci ce lo restituisce con tutta la sua ricchezza e contradditorietà, bellezza e atrocità.


Per cui che dire, prendetevi il tempo di leggerlo. L'estate è qua, il vuoto delle vacanze, vuoto benefico e necessario, può ospitare la lettura di questo romanzo che nel suo sembrare un libro d'altri tempi ci parla con una voce vicina vicina. - Anna Da Re



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