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  • Lamberto Santuccio

Il Cielo distopico di Piia Leino

Si sa che quello della distopia è un genere che amplifica, che la sua azione è radicalizzarsi attorno a un aspetto per distenderlo in tutta la sua piena potenza. Un “come se” portato all’estremo. Qui sta tutta la sua portata premonitrice. Nonché il suo apporto analitico. Ma anche lo stupore di quando si mette a brillare fra le pagine una verità già concretizzatasi nel nostro quotidiano ma trascritta decenni prima, unito alla ripetitività che ci fa comprendere come, in fondo, le grandi problematiche umane siano e restino, da sempre, le stesse. È il caso di Cielo della scrittrice finlandese Piia Leino, l’ennesima scoppiettante scoperta nel catalogo Voland portata in Italia nella traduzione accurata (e raccontata in postfazione) di Irene Sorrentino. Un romanzo che ha la qualità soprattutto di saper condensare, estremizzandoli, molti dei fastidiosi singhiozzi dei nostri anni, rendendo l’umanità di questo 2023 insieme estremamente vicina al burrone della catastrofe e vecchia come un fossile al museo di storia naturale.


distopia romanzo
Piia Leino, Cielo, Voland edizioni

Cielo, virtuale e dipendenza

A fare da sfondo alle vicende, la città di Helsinki del 2058, una capitale caduta nell’apatia più nera. Com’è che la sua popolazione abbia svoltato verso l’orrore distopico è un elemento che non viene affrontato in maniera diretta, ma che anzi arriva al lettore centellinato fra riferimenti e brevi rimandi. C’è, ovviamente, la catastrofe naturale – una New York che si dice distrutta da uno tsunami immenso. Ma ci sono, soprattutto, le derive totalitarie di un’estrema destra che ha preso il potere e attuato tutti i suoi programmi di chiusura e assoggettamento. Nei dialoghi dei personaggi si succedono così le fasi di costruzione di questo orrore: la Grande Paralisi, l’Epurazione, la soppressione della resistenza, la legge sulla tutela della lingua, tappe del sistema col quale le “teste rasate” hanno, allontanando anzitutto i finlandesi non puri e gli immigrati, chiuso la loro nazione al mondo costruendo muri, purificando la popolazione, privatizzando internet e controllando in toto la vita dei cittadini. Helsinki è dunque un ammasso di rovine, una “città morente” dove zoppicano mendicanti e altri individui privi di parola. Grande particolarità di questa proiezione nel futuro è però Cielo, una realtà virtuale alla quale hanno accesso soltanto alcuni eletti, che pagano questa droga istituzionalizzata col lavoro e la fiducia al regime. Basta inforcare gli occhiali e indossare una tuta aderente a tutto il corpo per immergersi in questa iper-realtà computerizzata, selezionando dall’elenco a tendina il posto dove si vuole scorrazzare: la vecchia Helsinki, i giardini pensili di Babilonia, il fondale degli oceani o un semplice campo sferzato dal vento della Normandia. I più fortunati hanno accesso libero h24 a Cielo, agli altri invece spetta sudarsi le tre o cinque ore alle quali sono destinati: in entrambi i casi, comunque, questi viaggi tramutano in una dipendenza – non si vive se non proiettati col pensiero alla prossima passeggiata su un suolo assai realistico fatto di pixel e codici binari.


Certe volte, usava tutto il suo pacchetto di ore già prima di mezzogiorno, e allora piombava in un abisso senza fondo: concentrarsi sul lavoro diventava impossibile e passava la giornata cercando di dormire, con il risultato che la sera non prendeva sonno. Il giorno e la notte si fondevano in una sudata frenesia e, nel peggiore dei casi, non appena a mezzanotte scattava il rinnovo delle cinque ore, lui si precipitava di nuovo su Cielo.

Studioso e felicità

In questa Finlandia da incubo si muove Akseli, un giovane studioso con un accesso limitato a Cielo (e una pesante dipendenza da quest’ultimo) che sta compiendo un’importante ricerca per il regime. Al centro della tesi che, con fatica, sta componendo chiuso nel suo appartamento ammuffito e in perenne penombra ci siamo noi, i cittadini e le cittadine dei primi anni Duemila. Per conoscerci meglio, Akseli può entrare in contatto con tutti i documenti e le fonti proibite: non solo articoli di giornali e frame di emissioni televisive, ma anche video musicali di Lady Gaga, filmati di porno lesbo e spezzoni della serie Sex and the city. Dalla sua apatia di metà XXI secolo, Akseli ci osserva, ponendosi domande sulla nostra esistenza allo stesso modo in cui un archeologo potrebbe interrogarsi di fronte ai geroglifici egiziani: perché questa aggressività? da dove veniva la loro depressione? cosa facevano durante un primo appuntamento con una ragazza? perché non si sono resi conto della deriva che stava prendendo la situazione dei migranti climatici (i “profughi dell’acqua”)? Una messa in discussione costante, che si complica quando Akseli incontra su Cielo gli occhi di Iina, una ragazza con un passato influenzato dalla resistenza, che muove nelle viscere del dottorando sensazioni ed emozioni mai provate prima. Insieme all’affetto, scorrendo su uno stesso binario, si insinuano nuove possibilità prima inimmaginabili e, come conseguenza dei rapporti intimi e del vivifico calore umano, si sprangano le porte di una vita fuori da quella bruma invivibile – una ribellione che determina incomprensioni, fughe e aggressività.


Lui le ha detto di essere uno studioso, ma Iina sospetta sia una bugia, perché quella di studioso le sembra una professione assai antiquata. Una volta forse c’era gente che studiava e faceva ricerca per rendere il futuro migliore del presente ma, non essendoci più un futuro, a cosa può mai servire lo studio. […] D’altro canto quell’uomo le sembra un tipo davvero eccentrico, ha affermato che lei potrebbe conoscere la felicità. Persona felice suona ancora più datato di studioso. Cielo è sinonimo di pace, ma la felicità… non esiste neanche.

“…e adesso lui ha un’opinione a riguardo”

Sarà il linguaggio lineare e la trama rapida, che si racchiude tutta nell’intimo dei due o tre personaggi, ma Cielo si apre a mille osservazioni. Certo, la deriva fascista o lo scoppio di vendetta della natura sono campi narrativi e di speculazione assai preziosi, di fronte ai quali il lettore consapevole inorridisce sentendoli distanti appena qualche gradino. Ed è prolifica anche la descrizione della dipendenza dalla realtà virtuale che, se declinata espandendo le osservazioni del romanzo, illumina sui nostri rapporti coi social – soprattutto in concomitanza con la pubblicità Apple di questi giorni e i suoi occhialoni virtuali messi in primo piano, che potrebbe essere utilizzata come perfetta copertina del volume. Ma ancora più interessante è il già citato legame con la nostra schietta contemporaneità. Benché distanti e al di là degli orrori, i personaggi di Cielo mantengono un forte legame con noi dei primi anni Duemila, e ci leggono. Leggono soprattutto i nostri impulsi e le debolezze mascherate dai nostri comportamenti, giù fino alla nostra sessualità (fallocentrismo e patriarcato inclusi); “in passato si pensava che la chiave di tutto fosse l’educazione dei cittadini” si legge a due terzi del romanzo, “ma le persone non vogliono essere istruite: vogliono distarsi”. O ancora:


L’aspetto più impressionante delle persone del passato è la frenesia maniacale con cui volevano possedere, distruggere, consumarsi gli uni gli altri, e consumare il pianeta.

Con questi elementi, l’autrice riesce a raggiungere l’angoscioso imbarazzo che trasuda sempre nel lettore da questo genere letterario, dando alle stampe un volume interessante e giustamente scomodo per chi lo divora pagina dopo pagina. – Lamberto Santuccio

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